Charles Aznavour; Il gusto di essere a meta’

Il Sole 24 Ore, Italia
Ottobre 3, 2004

Charles Aznavour;Il gusto di essere a meta’

Pietro Kuciukian

di Pietro Kuciukian <Sono come il caffelatte>, scrive Shahnourh
Aznavourian, in arte Charles Aznavour, <una volta mischiati gli
ingredienti, non si puo’ piu’ separarli, sono 100% francese e 100%
armeno>. A 80 anni il celebre chansonnier ha preso in mano la penna
per narrarsi.

L’impressione che si ricava e’ che il protagonista sia “un piccolo
grande uomo” cosmopolita, conquistato e reso ricco da vari stili di
vita, come la sua terra, l’Armenia, da sempre invasa e conquistata,
ma crogiolo di etnie e culture diverse, che hanno permesso
all'”armenita'” di conservarsi e sopravvivere oltre le tragedie della
storia.

Nasce a Parigi nel 1924 da una famiglia scampata al genocidio
perpetrato dai Turchi nel 1915: <Sono nato alla fine del viaggio
dall’inferno, la’ dove ha inizio quel paradiso che chiamano
emigrazione>. La sua infanzia, assieme ai genitori e alla sorella
Aida, <dormivamo testa-piedi>, trascorre in una camera di 20 metri
quadrati. A 9 anni la prima esibizione, una danza caucasica sulle
scene del Trocadero. E’ l’inizio di una carriera folgorante che lo
portera’ in ogni angolo del mondo. L’ambiente e’ quello armeno
<quando si credeva al paradiso sovietico e scaldava il cuore
ritrovarsi fra sopravvissuti; era formidabile, era prima, il prima di
tutte le nostre sciagure, di tutte le tempeste, il prima delle fughe,
dell’esodo, delle privazioni, delle delazioni, degli odi e dei
regolamenti di conti, era il tempo della spensieratezza, il tempo
benedetto d’anteguerra>.

Nel 1943 l’incontro con Pierre Roche da’ inizio al duo Roche-Aznavour
<con scritture di testi e repertorio tutto nostro>. A 21 anni sposa
Micheline, che andra’ ad abitare dai suoi genitori. <Eravamo giovani
e innamorati, era la boheme e la boheme, sapete, significava
felicita’>. L’incontro con Edith Piaf, la contraddizione fatta donna,
emancipera’ Aznavour e lo fara’ diventare un gigante dello
spettacolo. <Ho condiviso con lei, fino alla fine dei suoi giorni,
una sorta di amicizia amorosa, di fraternita’ complice, senza mai
condividere il suo letto>. <Il passerotto delle strade di Parigi> lo
condizionera’ per anni e solo quando <il genietto balordo>, come la
Piaf lo aveva soprannominato, si allontanera’ riuscira’ a lanciarsi
nel mondo. La nascita della figlia Seda, il figlio Patrick morto a 25
anni, altre mogli, altri figli, altri amori, il rifacimento del naso,
<il naso dei miei, ne’ ebreo, ne’ borbonico, ma armeno>, la
ricchezza, il cinema <gli attori recitano insieme, i cantanti cantano
da soli>. L’autobiografia termina con la vecchiaia, <l’eta’ in cui si
valuta la vanita’ delle cose… si incominciano a contare i pochi
anni che possono restarci da vivere e l’idea della morte diventa
compagna dei nostri giorni, o piuttosto delle nostre notti. Credente
o no nessuno e’ immune da dubbi, cominciamo a cambiare abitudini, ad
apprezzare la natura,.. vorrei saper dipingere, rimpiango l’epoca
appena terminata, siamo nell’era dell’ognuno per se’, della
volgarita’,… la mia vita e’ erosa di ora in ora spingendomi verso
l’altro versante della mia esistenza, la morte non mi spaventa
piu’…>.

Charles Aznavour, <I giorni prima. Il mio palcoscenico, la mia vita>,
Rizzoli, Milano 2004, pagg. 340, 17,00.