Jacqueline Rastrelli Intervista Emanuele Aliprandi, Esperto Del Nago

JACQUELINE RASTRELLI INTERVISTA EMANUELE ALIPRANDI, ESPERTO DEL NAGORNO KARABAKH – PARTE 1

2duerighe, Italia
12 marzo 2015

La guerra dimenticata del Nagorno Karabakh: una pace giusta, una
guerra inevitabile?

Artsakh è l’originario nome armeno della regione del Nagorno Karabakh:
una traduzione, comunemente accettata, è “giardino nero di montagna”.

Una terra che esiste ma non è riconosciuta, eppure, è da sempre
una terra con i suoi abitanti, la sua storia millenaria, una storia
che ha inizio molto prima che i paesi vicini, falsari della storia e
creatori di identita fasulle, potessero avere un posto nella geografia
del Caucaso.

Abbiamo incontrato Emanuele Aliprandi, autore del libro “Le ragioni
del Karabakh” che, suo malgrado, è diventato uno specialista di quella
parte di mondo sconosciuto. Dopo un viaggio turistico, come se ne
fanno tanti, forse attratto dalla bellezza, non solo dalla storia,
di quelle terre, si imbatte in alcune verita che gli appaiono subito
tali, ma che hanno il difetto di non essere conosciute o di essere
comunicate in modo distorto. Quella “terra di montagna” diventa un
percorso, anche personale, per capire e comunicare la “storia di
una piccola terra e di un grande popolo”. Il libro di Aliprandi ha
il merito rappresentare e riempire di senso e significato le ultime
vicende storiche, che per negligenza, o per paura di sbagliare, sono
state fin troppo lontane sia dalla cronaca di allora, dai resoconti
diplomatici e dalla condivisione che si deve ad un popolo che cerca
la strada del suo risorgimento. Aliprandi ha anche scritto il libro
“1915, cronaca di un genocidio.

L’intervista è lunga, le risposte dettagliate e precise espresse da
chi è riuscito ad intessere rapporti anche personali con un popolo che
non ha bisogno di identita artefatte per raccontare se stesso: è un
popolo che sa da dove viene e che affonda le sue radici in un comune
sentire e una comune consapevolezza identitaria e per questo, forse,
è un popolo che crea sgomento, invidia, rabbia in chi non ha storia e
non ha identita. L’intervista è un tentativo di fare chiarezza, una
necessita storica per dare rappresentazione corretta ad una cronaca
molto poco conosciuta nel nostro Paese. Gli eventi, così come ci sono
stati raccontati, sono espressi con il dichiarato intento di fare
chiarezza in una storia intricata e complicata da mille difficolta.

Non si è ancora arrivati ad una soluzione che metta un punto
definitivo al contenzioso, ma rimettere sotto ai riflettori il Nagorno
Karabakh, “lo Stato che esiste ma non esiste”, e che chiede solo un
riconoscimento di “primo livello”, per noi è gia un passo importante.

Dott. Aliprandi, quali sono state le radici conflitto? Il Nagorno è
una terra armena, azera, o tutte e due?

Quando si chiede in giro, anche a presunti “addetti ai lavori”, cosa
sia il Karabakh, la gente casca dalle nuvole rispondendo un tappeto?

Un cavallo? Nulla di tutto questo. È un piccolo Stato di pochi
chilometri quadrati posto in mezzo alle montagne del Caucaso. La
conoscenza ̬ sempre un elemento di chiarezza, ed in questo caso Рe
in casi storici come questo Р̬ un percorso necessario per informare
e cercare di capire quali siano i problemi, quindi anche risolverli.

Radici del conflitto dunque, terra azera? Armena? Che la questione
del Karabakh sia complicata si capisce gia dal nome. Vi sono infatti
molti modi di chiamare questo fazzoletto di terra, che ha conosciuto
nella sua travagliata storia influenze politiche e linguistiche delle
quali è rimasta traccia indelebile. Artsakh è l’originario nome della
regione. Secondo una leggenda popolare deriverebbe da “Ar” (Aram) e
“Tsakh” (giardino), anche se l’opinione diffusa è che richiami il nome
del Re Artaxias II (II secolo a.C.). Tuttavia gli Armeni stessi usano
abitualmente il termine di derivazione turca e persiana Karabakh, che
letteralmente significa “giardino nero”. Facendo un escursus storico
si capisce che è sempre stata terra Armena. Fin dalla sua prima
civilizzazione, in epoca precristiana, fu abitata da popolazioni di
stirpe armena. Lo testimoniano ritrovamenti e iscrizioni riconducibili
a tale cultura antica. Lo stesso nome di Artsakh viene fatto risalire
ad Aran discendente di quel Haik considerato il fondatore ed eponimo
della gente armena (Armenia in lingua originale è chiamata Hayastan,
ossia terra di Haik). Il monaco Mesrop Mashtots crea l’alfabeto armeno
e fonda proprio nell’Artsakh, ad Amaras, la prima scuola di lingua.

Gli antichi monasteri e chiese che ancora oggi si possono ammirare in
Armenia, e nello stesso Karabakh, testimoniano la resistenza culturale
di fronte al conquistatore di turno. E’ passata dai Meliccati dei
principi Armeni ai Khanati persiani, come quello di Ganja e del
Karabakh, per poi essere inglobato attraverso il Trattato di Kurekchay
nell’impero russo (1805). Anche dopo l’abolizione del Khanato nel 1822,
tutta la popolazione armena del Karabakh continua a vivere nel proprio
territorio il cui capoluogo è Shushi. Il fatto che l’Azerbaijan non
esistesse è provato dal fatto che nel 1917 la Societa delle Nazioni
rifiuta la sua adesione perche non c’è “une definizione certa per dire
che quella terra si chiami così”: la regione Azerbaijan era semmai una
provincia, facente parte dell’Iran. A cavallo tra il secondo e terzo
decennio del Novecento gli eventi che si succederanno costituiranno la
premessa di quella che, qualche decennio dopo, sara considerata come
una guerra di liberazione. Nel 1918, quando comincia la sovietizzazione
della regione, gli armeni erano il 96% della popolazione totale del
Nagorno Karabakh. I Congressi del popolo del Karabakh ripetutamente
chiedono di essere aggregati al Soviet dell’Armenia, terra a loro
vicina per cultura, (religione, ma certo non potevano dirlo) e
provenienza etnica. Il Nagorno Karabakj è una zona di montagna. L’
Azerbaijan di oggi, che allora non esisteva, per contro si trova in
una piana alluvionale che si incunea nel “giardino nero di montagna”
facente parte dell’altopiano armeno. Etnicamente quella parte di
terra è da sempre popolata da Armeni. Negli anni ’20 la percentuale
della popolazione armena è superiore al 90%. Per fare un raffronto con
una storia a noi meglio conosciuta, negli stessi anni, nel Kossovo,
gli albanesi costituivano il 60-65% della popolazione. Tornando alla
domanda Terra armena o azera non si può che rispondere terra Armena.

Domanda: Come tanti conflitti, attuali e irrisolti, avra tante
conseguenze negative. Questo conflitto, lungo e logorante, come
e perche ostacola gravemente lo sviluppo economico e demografico
dell’intera regione

Dicevamo che i Congressi del popolo del Nagorno Karabakh, negli anni
’20, cercano di aggregarsi a quelli armeni. Le ripetute richieste
sfociano in atti di forza e crisi etniche. Nel frattempo l’Armenia
diventa Repubblica Socialista Sovietica e il Comitato centrale azero
invia le sue congratulazioni agli Armeni (30 Novembre 1920). Si
pensa che la questione Kharabakh sia finita. Il 2 dicembre del 1920
infatti, al Comitato Rivoluzionario viene letto al Consiglio di Baku il
seguente messaggio: “i territori di Zangesur e Nakhichevan sono parti
inseparabili dell’Armenia Sovietica, mentre ai compagni lavoratori
del Nagorno Karabakh è dato pieno diritto di autodeterminazione”
. Lo stesso giorno viene firmato un Trattato tra Armenia e Impero
Ottomano dalle cui ceneri sta nascendo la Turchia di Ataturk. Viene
annullato il Trattato di Sèvres e gli Armeni sono costretti a
ritirarsi dall’Anatolia per non essere sopraffatti dai turchi. Devono
anche riconoscere l’indipendenza del Nakhichevan, che dal mese
di luglio, si era dotato di un governo di stampo sovietico. E’
importante far rimarcare che la dichiarazione del 2 dicembre del
Comitato Rivoluzionario dell’Azerbaijan nella sua “Dichiarazione
sullo stabilimento del potere sovietico in Armenia”, riconosce il
diritto all’autodeterminazione al solo Nagorno Karabakh e non alle
altre provincie, ma equivale comunque ad un riconoscimento dello
status del Karabakh ed al suo diritto ad unirsi all’Armenia. Diritto
all’autodeterminazione e diritto di unirsi all’Armenia, proclamato
inseparabile dalla Repubblica Socialista Sovietica di Armenia. Tutto
risolto? No. Il Cavbureao, l’ufficio politico del Partito Comunista
che si occupava del Caucaso, dopo aver creato una Commissione per
verificare le volonta della regione e le varie pertinenze, Syunik
e Nakhichevan comprese, ritorna sulla decisione. Viene chiesto un
Referendum di conferma anche se per pura formalita visto che il 90%
della popolazione era armena e che dieci Congressi del popolo avevano
detto che volevano unirsi all’Armenia. Narimov (Comandante del Comitato
Rivoluzionario Azero), essendo certo che tutto è a favore dell’Armenia,
con un’abile mossa politica rimette la decisione in mano al Comitato
Centrale del Partito Comunista Russo. L’ufficio del Caucaso però,
invece di accogliere tale richiesta e demandare la decisione a Mosca,
si riunisce e, sotto la pressione di Stalin, ribalta la precedente
determinazione stabilendo di “lasciare il Nagorno Karabakh entro i
confini della Repubblica Socialista Sovietica dell’Azerbaijian e dare
allo stesso ampia autonomia regionale con centro amministrativo nella
citta di Shushi”. Perche questo voltafaccia di Stalin? Forse per le sue
origini georgiane? In realta Stalin voleva “curare” i rapporti con la
Turchia di Ataturk: voleva “portarvi il socialismo” e così gli “regala”
la sua politica di spartizione del Caucaso. Anche il Nakhichevan (60%
di Armeni) viene lasciato all’Azerbaijian, mentre con un sussulto di
coscienza (e sottili strategie politiche) destina all’Armenia la sua
parte più meridionale, il Syunik. I sogni di autodeterminazione del
Karabakh vengono affondati da opportunismi internazionali che, così
come accaduto per le provincie armene dell’Anatolia, subordinano i
diritti dei popoli alle convenienze diplomatiche. Gia dopo il Genocidio
armeno del 1915 la comunita internazionale si era comportata in modo
vergognoso. Accordi, trattati e conferenze, da Sèvres a Losanna,
si risolsero in un nulla di fatto. Ora le regione è spezzetta senza
nessuna unita di popolazione. Gli Armeni del Nakhichevan e Karabakh
si trovano sotto potere azero. Il futuro della regione è compromesso
come la Storia ci insegnera. Come era prevedibile il Nakhichevan si
dearmenizza in pochi anni. Il Karabakh, che non è contiguo all’Armenia,
viene circondato e isolato in un disegno politico chiaro: stringerlo
in una morsa azera. Anche l’importante regione di Lachin va in mano
azera. Monumenti e testimonianze della cultura armena vengono distrutti
e il 94% della popolazione si sente prigioniera a casa sua.

Ma resiste arroccato tra le montagne. L’isolamento geografico impedisce
forse agli Armeni del Karabakh di fuggire, ma saranno queste stesse
questioni geografiche che gli permetteranno di rimanere armeno.

Nel 1923 nasce l’Oblast del Nagorno Karabakh, regione autonoma con suo
Soviet che rimane all’interno della più importante Repubblica Sovietica
dell’Azerbaigian. La popolazione armena rimane in maggioranza anche
se gli azeri riescono ad abbassare questa percentuale (da 96 a 70%)
popolando la zona con turchi mescketi (fatti arrivare dalla Georgia):
gli Azeri diventano la maggioranza a Khojaly e Shushi, perche nel
1920 gli azeri radono al suolo il quartiere armeno. Molti vengono
uccisi, molti se ne vanno. Diventa un unico caposaldo azero in tutta
la regione. Lo stesso accadra poi ad Askeran.

Nonostante questi sforzi di ripopolamento e epurazione, la presenza
azera della regione rimane 1/4 della popolazione totale. Questa
Repubblica autonoma sottoposta all’Azerbaigian va avanti così per
decenni di vita dell’URSS. Ma la depressione economica si fa sentire
perche gli azeri non investono in una regione piena di Armeni.

Possiamo definirlo conflitto congelato o bomba a orologeria?

Appena il collante sovietico cede, le rivendicazioni tornano a galla,
così come le violenze. I pogrom anti Armeni si moltiplicano, un esempio
è quello di Sumgait del 1988 dove si aprì una vera caccia all’uomo,
contro gli Armeni; poi arriveranno Kirovabad, Baku. Sono 400mila gli
Armeni che vivono ancora in Azerbaigian, 80mila Azeri in Armenia. Il
collante del Partito non ha più forza di mantenere il controllo. Nel
1987 una petizione sottoscritta dagli Armeni del NK raccoglie 100mila
firme per la secessione dal Soviet azero e l’unione a quello armeno,
considerando che la popolazione era di 180mila abitanti, togliendo
i bambini e i 50mila azeri… tutti firmano.

Rinascita della questione nazionale armena del Karabakh, quindi,
che non chiede l’indipendenza, ma solo e semplicemente il passaggio
da un soviet all’altro. Riscontro di questo risveglio si ha anche in
Armenia e Azerbaigian. Erevan e Baku non tengono più la piazza. Fine
del principio di fratellanza sovietica, leadership del PC sconfessata a
Baku e a Erevan: il Comitato per la riannessione del Karabakh (KRUNK),
ufficialmente sciolto e considerato illegale è più vivo che mai.

Riesce a riunire anche 100mila persone, in poche ore. Gli Azeri
tornano a casa. Gli Armeni scappano. Siamo ad un punto di non ritorno.

La strage di Sumgait segna la fine URSS e il punto di non ritorno,
è anche la certificazione non può esserci accordo. Nel 1988 l’Armenia
viene colpita da un terribile terremoto: 30mila morti. Le Repubbliche
sovietiche arrivano in soccorso, arriva anche la protezione
civile italiana, prima volta in uno stato estero, battesimo
del fuoco con URSS… Si racconta che anche gli azeri abbiano
mandato aiuti… mandando un treno di aiuti carico di cadaveri di
Armeni…. Vero o falso che sia rende l’idea di quello che poteva
essere il clima…..

Jacqueline Rastrelli 13 marzo 2015

From: Emil Lazarian | Ararat NewsPress

http://www.2duerighe.com/attualita/50770-jacquline-rastrelli-intervista-emanuele-aliprandi-esperto-del-nagorno-karabakh-parte-1.html

Emil Lazarian

“I should like to see any power of the world destroy this race, this small tribe of unimportant people, whose wars have all been fought and lost, whose structures have crumbled, literature is unread, music is unheard, and prayers are no more answered. Go ahead, destroy Armenia . See if you can do it. Send them into the desert without bread or water. Burn their homes and churches. Then see if they will not laugh, sing and pray again. For when two of them meet anywhere in the world, see if they will not create a New Armenia.” - WS