Oltre il genocidio: la storia del popolo armeno

ResegoneOnline, Italia
30 gennaio 2015

Oltre il genocidio: la storia del popolo armeno

Ecco un articolo scritto dagli studenti lecchesi a seguito di una
visita alla Casa Armena di Milano

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo inviatoci dagli
studenti del liceo scientifico del Collegio Volta

Lunedì 26 Gennaio noi ragazzi di seconda scientifico del Collegio
Volta ci siamo recati in visita a Hay Dun, la Casa Armena di Milano,
in occasione del Giorno della Memoria, in cui si ricordano tutti i
genocidi del XX secolo. Rispetto alla Shoah, il genocidio armeno è
sottovalutato, principalmente per ragioni politiche, ed è proprio per
questo che noi studenti, su proposta dell’insegnante di Lettere,
abbiamo deciso di approfondire l’argomento.

Dopo aver conosciuto la presidentessa dell’associazione, la signora
Marina Mavian ` che ci ha raccontato la storia avventurosa e quasi
incredibile della sua famiglia, miracolosamente scampata ai massacri `
abbiamo incontrato il prof. Aldo Ferrari, armenista dell’UniversitÃ
Ca’ Foscari di Venezia, esperto di Russia e Caucaso e ricercatore
presso l’ISPI (Istituto di Politica Internazionale). Il professore ha
esordito ricordando che quest’anno, 2015, ricorre il centenario del
genocidio armeno e che, poiché il governo della Repubblica Turca
continua a negare quello che è successo, parlarne non è solo un dovere
storico, ma anche un atto politico.

Di Armeni si parla poco, anche sui libri di scuola, e di loro si sa
qualcosa solo del genocidio, mentre niente si conosce della loro
millenaria storia. Perciò il docente ha ritenuto opportuno colmare
questa lacuna, offrendoci una panoramica sulla storia armena
dall’antichità fino all’inizio del `900. Ecco il report della sua
lezione. L’Armenia storica era un grande territorio, che si estendeva
su zone ora appartenenti alla Turchia, alla regione del Caucaso e, in
parte, all’Iran.

Collocato tra impero romano e persiano, per lungo tempo il regno di
Armenia ha rivestito una importanza notevole, in particolare dal VI `
V secolo a.C al IV secolo d.C. Una data fondamentale per la storia e
l’identità armena è il 301 d.C., anno in cui il regno fu il primo
Paese al mondo a diventare ufficialmente cristiano, addirittura prima
del cosiddetto editto di Costantino, del 313. Dopo la conversione, il
Cristianesimo diventò il fattore principale della identità culturale
armena.

Il prof. Ferrari ha poi precisato alcune questioni legate alla Chiesa
armena: essa appartiene, insieme alla Chiesa copta, siriaca ed etiope,
alle Chiese orientali o non calcedonite, che cioè non hanno accettato
il concilio di Calcedonia (attuale quartiere stambuliota di Kadıköy)
del 451. Il nome ufficiale è Chiesa Apostolica Armena, o Gregoriana
(da San Gregorio Illuminatore, colui che ha portato la fede cristiana
presso gli Armeni); la loro guida è chiamato Catholicos. Oggi in
Armenia gli apostolici sono il 92 % circa della popolazione; esistono
anche minoranze cattoliche e protestanti, in particolare tra gli
Armeni della diaspora. Anche a Milano c’è una chiesa apostolica
armena, in via Jommelli, dove si riunisce in preghiera la parte non
cattolica della comunità milanese.

Tornando alla storia, il docente ha evidenziato che, molto presto, gli
Armeni sono stati minacciati dai Persiani antichi (di religione
zoroastriana) che, nel 451, tentarono di convertirli con la violenza.
Ci fu una guerra, la guerra dei Vardanank: gli Armeni persero, ma
riuscirono a resistere dal punto di vista religioso. Una cronaca
armena riporta il famoso discorso tenuto dal comandante Vartan il 2
giugno del 451, nell’imminenza di una battaglia in cui tutti gli
Armeni avrebbero trovato la morte: `150 anni fa siamo stati battezzati
con l’acqua, oggi ci battezzeremo col sangue e faremo vedere che la
nostra fede poggia su una roccia forte; il Cristianesimo non è un
abito che si può togliere’.

Il professor Ferrari, che ha tenuto la lezione

Successivamente, a partire dal VII secolo, arrivò l’Islam. Gli Armeni
furono gli unici a non convertirsi e a restare incrollabilmente
cristiani. Alcuni, però, cedettero e scelsero di diventare musulmani,
ma in questo modo cessarono ipso facto di essere armeni, perché per
loro la conversione fa uscire dalla comunitÃ. Essere armeni, dunque, è
una questione sia etnica che, soprattutto, di appartenenza religiosa.
Pian piano, col passare del tempo, il regno armeno si è sgretolato
sotto il peso delle invasioni finché, attorno al 1050, perse
l’indipendenza e cadde sotto la dominazione musulmana. A questo punto,
il prof. Ferrari ha affrontato il capitolo dei rapporti tra
Cristianesimo e Islam, cruciale dal punto di vista storico e molto
attuale, dopo i recenti fatti di Parigi.

Posta la premessa che un conto è una religione, un conto le azioni
commesse da chi la professa, quando si parla di Islam ci sono due
estremi, entrambi da evitare: una visione `nera’ (che dipinge l’Islam
come violento, aggressivo, arretrato) e una visione `rosa’ (secondo
cui l’Islam è tollerante, aperto, colto). Cosa può dire uno storico?
Di certo l’Islam prevede che le religioni monoteistiche abbiano
diritto all’esistenza: aspetto molto importante, soprattutto se
pensiamo che spesso, nella storia, i Cristiani non si sono dimostrati
altrettanto tolleranti.

Va però sottolineato che la tolleranza islamica aveva dei limiti:
Ebrei e Cristiani potevano sì mantenere la loro fede, ma in una
condizione di discriminazione. A livello giuridico, la parola di un
musulmano contava due volte rispetto a quella di un ebreo o di un
cristiano. Inoltre, non potevano occupare posti di rilievo a livello
politico e militare e dovevano essere disarmati. Dovevano anche pagare
una tassa molto consistente per la protezione che lo stato concedeva
loro. Perciò convertirsi era conveniente da tutti i punti di vista.

Il professore ha poi amaramente constatato che, come la storia ci
insegna, alla discriminazione ci si abitua, volenti o nolenti, ma non
ci si può abituare alla insicurezza quotidiana. E’ proprio questo
fattore, la totale mancanza di sicurezza, che ha spinto molti Armeni
ad emigrare, intorno all’XI sec., sia in Oriente (Alessandria,
Smirne), sia in Europa. Tra un quinto e un decimo degli Armeni ha
abbandonato la sua terra. È minore di quella ebraica, ma si tratta pur
sempre una diaspora. Gli Armeni sono quindi diventati commercianti,
imprenditori, artigiani, con un livello culturale alto, proprio come
gli Ebrei. E come gli Ebrei sono stati per secoli oggetto di invidie,
maldicenze, astio, che alla fine sono sfociati in qualcosa di
tremendo, in un Male Assoluto.

Ma torniamo alla storia. Nel XIX secolo la maggioranza degli Armeni si
trovava nell’impero ottomano, di gran lunga lo stato più forte
dell’epoca. Senza dubbio il loro problema principale era
l’insicurezza, come mostrato da un episodio avvenuto a Mush nel 1889,
in cui un tribunale turco, in nome della condivisione della fede
musulmana, ha assolto un bandito curdo autore di vari crimini contro i
contadini armeni. Non tutti erano però esposti a soprusi e violenze:
chi era emigrato nelle città (Costantinopoli, Aleppo, Smirne, Damasco)
costituiva comunità borghesi ricche e colte.

A differenza dei musulmani, che facevano (e fanno ancora oggi) fatica
ad accettare elementi di modernitÃ, in ragione del loro `complesso di
superiorità religiosa’, a dire il vero corroborato da quasi mille anni
(dall’egira al fallito assedio di Vienna del 1683) di vittorie
militari, gli Armeni erano felicissimi di prendere parte alla
modernità europea, fin dal Settecento. Molti erano medici, avvocati,
professionisti, sia nelle grandi città ottomane che in occidente, ad
esempio a Venezia.

Nell’Ottocento anche gli Armeni iniziarono a sognare l’indipendenza,
sulla scia di quello che stava avvenendo in Italia, nei Balcani, in
Grecia. Ma gli Armeni erano al centro dell’impero, a differenza dei
greci, e il sultano non poteva permettere che si staccassero: l’impero
sarebbe collassato. Dobbiamo comunque ricordare che, in questo
periodo, l’Impero ottomano era debolissimo, tanto da essere chiamato
`il grande malato d’Europa’. Gli Armeni pertanto iniziarono a
organizzarsi e molti di loro confidavano nell’aiuto dell’impero
zarista russo, a cui erano legati già da tempo.

I primi gravi episodi ai danni degli Armeni avvennero nel biennio
1894-6: sono i cosiddetti massacri Hamidiani, dal nome del sultano
Abdul Hamid II, che causarono 200.000 morti, vale a dire un decimo
della popolazione armena. Questi massacri, per quanto terribili ed
efferati, non possono essere chiamati `genocidio’, in assenza del
decisivo elemento della pianificazione. Il genocidio, il Metz Yeghern
` il Grande Male, come lo chiamano gli Armeni ` avvenne nel 1915. I
Giovani Turchi, al potere dal 1908, avevano notato che Francia e
Germania erano Paesi forti e abitati da popolazioni etnicamente
omogenee, mentre l’impero era un vero e proprio mosaico di popoli.

La loro idea era omogeneizzare lo stato, un progetto politico
inevitabilmente e intrinsecamente criminale. L’occasione fu loro
offerta dallo scoppio della prima guerra mondiale, che ha provocato la
fine dei grandi imperi: russo, asburgico, ottomano. In questo contesto
storico il timore dei Giovani Turchi ` va ammesso – era legittimo e
plausibile: perdere i territori orientali della Anatolia, che
sarebbero passati o alla Russia o a un neonato stato indipendente
armeno, e che in effetti oggi, dopo il genocidio, sono territori
turchi.

Il professore non ha indugiato sui particolari macabri del genocidio,
organizzato dal Triumvirato (Djemal, Talaat, Enver), la cui violenza è
indicibile. Si è limitato a sottolineare la data di inizio, il 24
aprile, quando vennero arrestati 3-400 notabili armeni di
Costantinopoli (che si chiamerà İstanbul solo dopo la nascita della
Repubblica Turca), tra scrittori, giornalisti e politici, poi tutti
uccisi. È come se, quel giorno, la letteratura armena fosse
improvvisamente finita. Ancora oggi gli Armeni ricordano il genocidio
il 24 aprile. A Costantinopoli vivevano 200 mila armeni, su una
popolazione di 1,5 milioni, ma fu uccisa solo l’élite. La ragione `
agghiacciante ` fu che lì si trovavano tutte le ambasciate straniere,
per cui non si poteva fare uno sterminio eccessivo; inoltre, visti gli
incarichi di rilievo ricoperti dagli Armeni, si sarebbe fermata
l’intera economia della cittÃ.

Per primi furono eliminati gli uomini adulti arruolati, tutti uccisi
in qualche mese, fucilati o fatti morire di fatica. È terribile a
dirsi, ma furono quelli a cui andò meglio. In Anatolia e sulla costa
l’esercito turco separava gli adulti che, per varie ragioni, non erano
stati arruolati, i quali venivano subito fucilati. Donne, vecchi,
bambini, invece, vennero deportati, destinazione il deserto siriano,
nei pressi di Der-Es-zor. I Turchi dicono che l’hanno fatto perché gli
Armeni avrebbero potuto appoggiare i Russi: per loro non fu un
genocidio, fu una deportazione.

`Ma è falso!’ ` ha esclamato il professore ` `Che rischio era
rappresentato dalla componente femminile e anziana?’. Inoltre, la
destinazione era il nulla. Lo scopo era quindi il totale annientamento
della popolazione. Infatti a destinazione non è arrivato quasi
nessuno. Per quanto concerne lo scarno dato numerico, è impossibile
una valutazione certa. Possiamo solo dire che, nel 1914, gli Armeni
erano 2 milioni, mentre nel 1924 erano 70.000, tutti a Costantinopoli.

Dei 2 milioni, sottratti quelli che si sono salvati seguendo i Russi,
in quella che oggi è l’Armenia, quelli che sono andati in Libano,
Siria, Egitto, Iran, i bambini che sono stati salvati dalle
associazioni internazionali per orfani e portati soprattutto in
Grecia, Francia, USA, tolti i 70.000 di Costantinopoli, restano circa
1,3 milioni. Anche altri si sono salvati, soprattutto bambine, che
sono state sottratte alle loro famiglie e turchizzate o curdizzate (i
cosiddetti `resti della spada’). Ma quello che conta è che una intera
popolazione fu spazzata via. Gli Armeni della regione che dagli stessi
Turchi era chiamata Ermenistan sono stati totalmente cancellati.

Oggi gli Armeni in Turchia sono 40.000, tutti a Istanbul. Nella
vecchia Armenia non ce n’è neppure uno. Il Genocidio fu criminale,
feroce, spietato, ma razionale, a differenza della Shoah, che ha avuto
elementi di follia tipicamente nazisti. Il trattato di Sèvres, del
1920, ha riconosciuto i territori alla Repubblica Armena, ma il
trattato di Losanna, del 1923, li ha concessi alla Turchia,
semplicemente perché non c’erano più Armeni.

Se aggiungiamo anche il massacro dei Greci del Ponto (Mar Nero) e dei
Siriaci, deduciamo che la presenza cristiana è stata praticamente
spazzata via. I Giovani Turchi, che pure non erano ferventi musulmani,
anzi, giudicavano l’Islam una fede retrograda e oscurantista, sapevano
bene che era impossibile turchizzare quei popoli, per cui decisero di
eliminarli in quanto non assimilabili. I Cristiani, alla nascita della
Repubblica Turca, erano ridotti allo 0,5 %, circa come oggi.

Al termine di questa splendida lezione, siamo tornati a casa con una
domanda: che cosa spinge l’uomo a commettere azioni così atroci e
letteralmente `disumane’? Noi possiamo solo continuare a studiare il
passato, a ricordarlo, a sforzarci di non dimenticare, e lavorare
quotidianamente per costruire un mondo migliore, in cui a tutti `
indipendentemente da etnia, religione, condizione sociale ` sia
riconosciuta la piena dignità di esseri umani.

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