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L’indipendenza dell’Armenia, 20 anni dopo

Il Post, Italia
21 set 2011

L’indipendenza dell’Armenia, 20 anni dopo

[Independence of Armenia, 20 years later]

di Matteo Miele, Royal University of Bhutan

La storia del primo paese che riconobbe il cristianesimo come
religione di Stato, subì dominazioni straniere e un genocidio nel
secolo scorso

[The story of the first country which recognized Christianity as state
religion, suffered foreign domination and genocide in the last
century]

L’Armenia, che in questi giorni sta sperimentando insoliti successi
calcistici, venne riconosciuta indipendente il 21 settembre di venti
anni fa, quasi un anno e un mese dopo la Dichiarazione d’indipendenza
(23 agosto 1990). In realtà quella che oggi chiamiamo Repubblica
d’Armenia è solo una parte di ciò che fu l’Armenia storica. Circa un
quinto. Il resto del territorio venne inghiottito, in gran parte,
all’interno della Turchia, compreso il Monte Ararat, il luogo del
Popolo Armeno e dove si posò secondo il racconto biblico l’Arca di
Noè. Il Monte Ararat era anche nell’emblema della Repubblica
Socialista Sovietica Armena e ciò provocò le proteste di Ankara che
giudicava il simbolo come una rivendicazione territoriale. Gli armeni,
senza scomporsi, chiesero allora, seguendo tale logica e vista la
bandiera degli eredi di Atatürk, se la Turchia non stesse forse
rivendicando il possesso della Luna.

L’Armenia fu il primo paese al mondo a riconoscere la religione
cristiana come religione di Stato, nel 301, con il battesimo del re
Tiridate III per opera di San Gregorio Illuminatore. Circa un secolo
dopo, forse stanchi di pregare in greco e siriaco, San Mesrob creò un
alfabeto e immediatamente, accanto alla traduzione della Bibbia, si
sviluppò una letteratura straordinaria in grabar, l’armeno classico,
in cui ancora oggi viene celebrata la messa. Nel 451, impegnati in una
guerra contro i persiani, che volevano convertirli allo zoroastrismo e
rompere così l’unità con Bisanzio, gli armeni non parteciparono al
Concilio di Calcedonia e per motivi essenzialmente politici (i
bizantini non li avevano aiutati nella lotta contro la Persia)
rifiutarono le tesi del Concilio venendo così ingiustamente accusati
di essere monofisiti, ovvero di riconoscere solo la natura divina di
Cristo e non anche quella umana. Alcuni anni fa, la Chiesa Cattolica
ha riconosciuto l’infondatezza dell’accusa.

Dal IV secolo in poi, gli armeni difesero sempre il loro essere
cristiani, tanto che la religione divenne un carattere imprescindibile
della definizione dell’identità armena, anche per via delle numerose
dominazioni straniere e non cristiane.

Nel 1700 un monaco originario di Sebaste, Mechitar, approdava a
Venezia (dopo essere passato per la Morea) e fondava il Monastero di
San Lazzaro, in una stupenda isoletta della Laguna. Armeni, ma fedeli
al papato, i mechitaristi divennero un ponte tra la Chiesa cattolica e
quella gregoriana e inoltre portarono (e portano tuttora) avanti
un’opera culturale senza pari, raccogliendo e conservando un’infinità
di antichi manoscritti armeni (i monasteri mechitaristi di Venezia e
Vienna raccolgono la più grande collezione di manoscritti armeni dopo
la Biblioteca nazionale di Yerevan), aprendo scuole in ogni angolo del
mondo, ovunque vi fossero degli armeni (ed è un popolo che ha
viaggiato parecchio), traducendo libri armeni nelle lingue occidentali
e viceversa.

Alcuni padri mechitaristi vennero uccisi, assieme ad un altro milione
e mezzo di armeni, nel Genocidio del 1915 perpetrato dai Giovani
Turchi. Genocidio che in Turchia, ancora oggi, la legge vieta di
chiamare tale. È vietato chiamare genocidio la sistematica
eliminazione dell’élite intellettuale armena a Costantinopoli che
avvenne il 24 aprile 1915. Così come è vietato chiamare genocidio,
l’assassinio degli uomini nell’Armenia storica o la lenta agonia dei
bambini e delle donne nel deserto siriano, con i ferri di cavallo
inchiodati nei piedi. Fu un piano studiato, elaborato con attenzione,
iniziato anni prima (nonostante la storiografia turca voglia farlo
passare come un qualcosa all’interno della Prima guerra mondiale), con
i Massacri Hamidiani di fine Ottocento e poi con il Massacro di Adana
del 1909.

Dopo il Genocidio, i sopravvissuti si riversarono nuovamente nel
mondo, così come i loro antenati avevano fatto. Alcuni in Medio
Oriente, in Libano, in Siria. Altri in America settentrionale.
Qualcuno in Italia. Moltissimi in Francia. Tra i francesi di origine
armena più famosi vi è ad esempio Charles Aznavour e che oggi ricopre
infatti il ruolo di ambasciatore armeno in Svizzera.

Del passato sovietico si ricordano certamente due cose. La tragedia
della guerra, dalla fine degli anni ’80 ai primi anni ’90, con
l’Azerbaigian per l’indipendenza del Nagorno-Karabakh, una regione
abitata da armeni, ma circondata dal territorio azero. E poi,
naturalmente, le straordinarie storielle di Radio Yerevan, dove la
sottile ironia raccontava drammi antichi e moderni, come quando,
all’ascoltatore stupito davanti ad un Ministero della Marina della
Repubblica Socialista Sovietica Armena (senza sbocchi al mare), il
giornalista rispondeva che lo si faceva per imitare l’Azerbaigian.
Loro hanno addirittura un Ministero della Cultura.

From: Baghdasarian

http://www.ilpost.it/2011/09/21/lindipendenza-dellarmenia-20-anni-dopo/
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