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La croce di spighe dei poeti armeni uccisi nel "Grande Male"

ACI Stampa-Italia
28 lug 2017


La targa che ricorda la visita di Giovanni Paolo II a Tsitsernakaberd
Foto: pd

“Il popolo armeno voleva vivere, voleva gettare sotto i suoi piedi le sue catene,

voleva frantumare i suoi legami, voleva pulire i suoi occhi e tuonare con la sua voce,
voleva vivere, voleva creare, voleva splendidamente rinascere;
perché anche lui era progenitore di bellezze, sentimenti e nazioni,
perché era orgoglioso del suo passato, del suo pensiero, della sua forza, della sua rossa gloria,
perché anche lui aveva alzato la sua aurea voce nella tempesta dell’antica umanità,
perché anche lui aveva cantato, anche lui aveva vinto, anche lui architettato e costruito metropoli.
Anche lui era stato tedoforo, seminatore, idealista, re ed eroe.
E ancora voleva vivere, abbellirsi e realizzarsi, voleva carpire la vita, la vita…”

Questa poesia di  Siamanto, uno dei poeti armeni ucciso nel Genocidio, il “grande male”  del 1915 è riportata insieme ad altre per la prima volta in un volume unico un’antologia dei più importanti scrittori armeni vittime del Genocidio curata dalla Congregazione armena mechitarista e con una introduzione di Antonia Arslan:

“Come una folgore improvvisa che taglia in due un paesaggio, come un terremoto inaspettato che apre voragini e scuote ogni cosa costruita dall’uomo, così siamo abituati a immaginare l’inizio del genocidio degli armeni, quella notte del 24 aprile 1915, quando furono arrestati uno dopo l’altro nella capitale Costantinopoli i principali esponenti della comunità armena nell’impero ottomano. Le ombre degli scrittori assassinati sono riemerse un poco alla volta: sono diventati personaggi reali, protagonisti del racconto infinito di quella tragedia incombente che venne realizzata giorno dopo giorno, con l’astuzia di tenere i prigionieri all’oscuro del loro destino. In questo libro per la prima volta in Italia sono raccolte le loro voci, assai differenti fra loro, come è giusto che sia: diverse sono le date e i luoghi di nascita, la provenienza famigliare, i loro studi, vocazioni e carriere: poeti e scrittori di romanzi e novelle, giornalisti, medici, farmacisti, uomini di chiesa, uomini politici. C’è di tutto, ma unico è l’amore per una patria divisa, drammaticamente minacciata, con forti differenze sociali al suo interno, eppure unita da un maestoso, articolatissimo linguaggio dalle antiche radici indoeuropee, da un alfabeto unico e originale e da una superba tradizione culturale, che si sviluppa con grande ricchezza a partire dal quarto secolo d.C.”.

Gli autori sono Daniel Varujan, Siamantò,Rupen Sevag, Padre Garabed der Sahaghian , Ardashes Harutiunian, Krikor Zohrab, Rupen Zartarian l Dikran Ciögürian, Tlgadintzì, Hrant, Yerukhan, Kegham Parseghian.

Il libro: «BENEDICI QUESTA CROCE  DI SPIGHE…» Antologia di scrittori armeni vittime del Genocidio, è edito da ARES.

Babken Chilingarian:
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